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L’ingresso ora è situato in via Costalunga, al civico 101.
L’appezzamento su cui si estende il cimitero ha forma trapezoidale.
Il primo elemento che vi si nota è il portone d’ingresso, con un
arco a ferro di cavallo. Questo tipo di arco a tre quarti di
circonferenza è caratteristico, nel mondo islamico, soprattutto
dell’architettura maghrebina e spagnola del periodo della
dominazione araba, ma non solo: si ritrova anche in basiliche
protocristiane armene, in ambito mediorientale, in India e,
addirittura, presso gli Etruschi e nell’architettura tardo-romana.
Il motivo dell’arco a ferro di
cavallo viene ripreso anche all’esterno, come motivo ornamentale
della muratura, ed all’interno del giardino, dove troviamo un pozzo
da cui attingere l’acqua per il lavaggio delle salme: la carrucola
pende da un arco a ferro di cavallo in metallo.
L’elemento
architettonico dell’arco a ferro di cavallo: il portone d’ingresso,
la muratura esterna, il pozzo. (1)
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Attraversando in linea retta l’area d’ingresso si arriva al
campo, mentre a sinistra troviamo un altro arco, sempre a ferro di
cavallo, che immette nella cappella mortuaria, sovrastata dalla
cupola. Alla sommità di questa seconda porta, si trova una targa di
bronzo con una frase tratta dal Corano: “ogni anima gusterà la
morte; quindi a noi sarete fatti ritornare.(1)
(1) Vincenza Grassi, Il cimitero “ottomano” di Trieste, “Oriente moderno” N.10-12 (ottobre – dicembre 1985), Roma, pag. 225.
La
cappella è sovrastata da una cupola, sotto la quale vi sono quattro
finestre a spicchio. Sulla sommità della cupola spicca una
mezzaluna: una falce rivolta verso l’alto che, al passante più
attento, facendo capolino dal muro di cinta rivela la secolare
presenza del cimitero nella città.
Al suo interno, colonne
paraste a parallelepipedo
schiacciato ornano i muri: all’interno della stanza, solo il
lavacro in marmo collocato al centro. In fondo, sul lato sinistro,
era collocato un caminetto (1), che serviva per riscaldare l’acqua
per il lavaggio rituale dei defunti, che deve essere fatto con acqua
tiepida. In fondo, oltre un’altra porta, la stanzetta del custode,
non più in uso ormai da decenni. All’interno e all’esterno
dell’edificio, il colore dei muri è il giallo.
(2) In Una
passeggiata alle tombe,
Vincenzo De Drago ci presenta una breve descrizione del cimitero nel
1870: il colore dell’edificio era, allora, il bianco; egli lo
definisce, erroneamente, moschea.
(1) Intervista a Saleh Igbarria, presidente della comunità islamica di Trieste, durante il sopralluogo al cimitero.
(2) Vincenzo de Drago, “Una passeggiata alle tombe”, Trieste, Tipografia Appolonio & Caprin, 1870, pag. 211.
foto: Mauro Vivian
da "i Turchi a Trieste: storia del consolato e del cimitero ottomani" (tesi di laurea in Storia dell'Impero Ottomano) di Mauro Vivian
http://www.flickr.com/photos/30495468@N08/
4 commenti:
ma sti tre zurli qua de sora xe spammer?
bele le foto de Mauro
birbante, te ga disabilitado el tasto destro, ah?
te ga fato ben, in giro xe pien de gente che copia e incolla
grazie
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