giovedì 28 agosto 2008

Trieste - Leonor Fini




Quella Trieste cosmopolita di Leonor Fini: dalla sfinge di Miramare al volo a Parigi

Corrado Premuda
«Il mio primo contatto con Leonor Fini non faceva presagire niente di buono. Le telefonai per chiederle di raccontarmi i suoi ricordi di Hans Bellmer, di cui stavo scrivendo la biografia. Lei mi rispose che ammirava molto i suoi disegni ma che detestava incontrarlo tanto puzzava di tabacco. E riattaccò». Comincia così il libro «Leonor Fini. Métamorphoses d'un art» che lo storico dell'arte Peter Webb ha appena pubblicato per Imprimerie Nationale Editions. Webb incontrò poi la pittrice nel 1984, in quell'occasione le cose andarono meglio: lei gli presentò i suoi diciassette gatti e, dato che condividevano la stessa passione per i mici, gli domandò che nomi avessero i suoi. Webb ne aveva chiamato uno «Leonor Fini». L'artista ne rimase colpita e da lì nacque un'amicizia durata fino alla morte di Leonor nel '96. La monumentale biografia scritta da Webb si basa, in buona parte, sulle conversazioni avute con la pittrice e su numerosi documenti autografi e inediti che per la prima volta escono dagli Archivi Leonor Fini di Parigi. Ad arricchire il libro, a metà strada tra il catalogo d'arte e la biografia, sono le bellissime foto che immortalano Leonor fin dagli anni dell'infanzia e le riproduzioni di molte sue opere, immagini mai apparse in precedenza su libri dedicati a lei. Trieste ricopre un ruolo di primo piano nel racconto che fa Peter Webb: una città che agli inizi del Novecento è cosmopolita e vivace, piena di fermenti e frequentata da personaggi-chiave della storia europea, fattori che incidono sulla futura artista e ne costituiscono l'apprendistato. Figura centrale dell'infanzia di Leonor è sua madre, Malvina Braun Dubich, triestina di origini tedesche, slave e veneziane. «A casa si parlava italiano, tedesco e francese», ricorda la pittrice nel documento inedito «Fatti che reputo importanti della mia infanzia e del periodo che seguì», fonte importante per il libro di Webb. Una foto del 1908 mostra madre e figlia in fasce a Buenos Aires insieme a Erminio Fini, l'uomo da cui Malvina scappa presto per tornare a Trieste. A parte i già noti tentativi di rapimento di Leonor da parte del padre, emergono alcune lettere di Erminio alla figlia e la foto di uno yacht chiamato Leonor con la dedica: «La tua lancia. Vieni a me. Tuo padre che ti adora». Lontana da questo padre misterioso, Leonor cresce con i nonni e lo zio Ernesto, avvocato, in una grande casa al numero 26 di via Torre Bianca. Una casa in cui gioca a nascondersi nell'armadio della governante tedesca, o nella stanza da bagno dove è affascinata dalla vasca con i piedi di leone. Leonor ricorda quando aspettava il ritorno di sua madre affacciata, ansiosa, allo «sburto» che guardava l'angolo con la via XXX Ottobre e da cui vedeva le barche del Canal Grande che all'epoca si spingeva fino alla chiesa di Sant'Antonio. Ma diventa presto una bambina vivace, annoiata dagli adulti che chiama «buganze», come ricorda la sua amica Giovanna Stuparich Criscione, e che provoca la statuina della Madonna dicendole parolacce per vederne la reazione. Nel '17 Leonor crea una storia illustrata dal titolo «Tempo di guerra» e nel '20, firmandosi Lolò, due quadri: «Ma dove?» (dalla frase che ripeteva sempre da bambina cercando il gatto della nonna: «Ma dov'è Cioci?») e il primo autoritratto, «Pittore in erba». Passeggiando in Cittavecchia con Bobi Bazlen lui le dice: «Se ti piacciono i quartieri popolari ti piacerà Montmartre», e infatti sarà Parigi la destinazione definitiva di Leonor, quella che lei chiamerà «la mia vera città», dopo aver trascorso un periodo a Milano dove inizia a esporre e desta l'attenzione della stampa per una lite furibonda con Margherita Sarfatti. Secondo Webb le figure femminili dei quadri di Fini sono ispirate alle donne triestine, forti e indipendenti, come Malvina, mentre l'androginia ricercata negli uomini rispecchia l'enigma dei sentimenti contrastanti per il padre. Leonor nel '30 sfiora il matrimonio con un principe italiano e qualche anno dopo sposa a Montecarlo l'aristocratico Federico Veneziani: il matrimonio sarà presto annullato e Leonor preferirà condividere la sua vita con due uomini, il pittore Stanislao Lepri e lo scrittore «Kot» Jelenski. Artista completa che fa di se stessa un'opera d'arte, Leonor posa come modella per Dora Maar, per lo sloveno Veno Pilon e per Henri Cartier-Bresson che solo nel 2003 rivela che il bellissimo nudo di donna di molti suoi scatti degli anni '30 è Leonor. L'amicizia con lui rischia una crisi quando, durante un viaggio a Venezia, lui critica la città «che può piacere solo ai turisti americani» e lei, inferocita, minaccia di gettargli la macchina fotografica in un canale. Per non sfigurare alle feste mondane in cui è sempre richiestissima, a Parigi come a Roma, affronta nel '61 un intervento di chirurgia estetica, nonostante i dubbi dei suoi amici che ben conoscono la sua fobia per le anestesie. Ritrae un'infinità di personaggi: da Linuccia Saba con un piattino di dolci in mano (Leonor aveva una passione per i pasticcini) fino ad Anna Magnani e Alida Valli, non terminerà invece il ritratto di Paul e Linda McCartney per disaccordi con i committenti. Nel '69 a Trieste riceve il San Giusto d'Oro: è un riconoscimento che inorgoglisce sua madre. Per Leonor Trieste rimane quella della sua infanzia: quando visiterà New York dirà: «Mi ricorda la Trieste di quell'epoca, un grande porto aperto sul mondo, una città prospera, poliglotta, dove le culture si mescolavano con spirito felice. Era avanti rispetto alla sua epoca e viveva già secondo quegli ideali che oggi sono dell'Europa Occidentale e degli Stati Uniti. Io da bambina credevo che tutti vivessero così e ho trovato provinciali capitali come Roma e Londra, troppo poco interessate alla vita culturale e artistica del resto d'Europa». E a Trieste si conclude il viaggio di Peter Webb. L'autore descrive le statue e le architetture che hanno influenzato Leonor, annota con rammarico che sulla casa di via Torre Bianca non c'è neanche una targa che ricordi la presenza della pittrice. «Se oggi Leonor uscisse da questa casa non vedrebbe più le grandi imbarcazioni sul canale: dovrebbe farsi largo tra i motorini». C'è ancora la galleria Rettori Tribbio 2 dove Eligio Dercar allestì numerose mostre delle sue opere negli anni '80-90 chiedendole, invano, di parteciparvi. E c'è ancora, conclude Webb, sul moletto di Miramare la sfinge che Leonor amava cavalcare da bambina e che ha segnato l'immaginario dell'artista diventando uno dei feticci della sua pittura. Domani il Musée de l'hospice Saint-Roch di Issoudun inaugurerà il Salone parigino di Leonor Fini. Lo spazio, allestito con una scenografia di Giovanna Piraina, vuole ricordare sia la donna che l'artista. L'appartamento di rue de la Vrillière, dove Leonor Fini si dilettava a teatralizzare la sua vita, ricevendo numerosi visitatori, gente di teatro, scrittori, artisti, viene ricostruito integralmente. Più che un semplice allestimento Art nouveau, si tratta della vera e propria opera che l'artista aveva creato con la stessa cura che metteva nei suoi quadri. Il suo mobilio, gli oggetti d'arte e le lampade sono firmati dai grandi nomi della Scuola di Nancy come Louis Majorelle e Émile Gallé. La moquette invece è un modello esclusivo firmato Leonor Fini.
(Il Piccolo, 07 febbraio 2008)
corrado premuda - leonor fini, l'arte oltre il reale http://www.repubblica.it/2009/07/sezioni/arte/recensioni/leonor-fini/leonor-fini/leonor-fini.html
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martedì 12 agosto 2008

Trieste - monumento a Geppino Micheletti

12.08.2008,12:28 - Croazia: l'Unione degli Istriani dedica un monumento a Geppino Micheletti
Trieste - Nella mattinata di oggi si è tenuta presso il Municipio di Trieste, in Piazza dell’Unità d’Italia,la cerimonia di presentazione del Monumento al medico triestino Geppino Micheletti realizzato in pietra d’Aurisina su progetto dell’architetto Ennio Cervi. Il Monumento sarà inaugurato nel giardino di Piazzale Rosmini a Trieste lunedì 18 agosto alle 17.30, nella ricorrenza del 62° anniversario della strage di Vergarolla (Pola, 18 agosto 1946 – 18 agosto 2008). L’iniziativa è fortemente voluta dall’Unione degli Istriani, libera provincia dell’Istria in esilio, che insieme al "Libero Comune di Pola in Esilio", intendono dedicargli, nella sua città, dove riposa unitamente ai suoi due bambini, questo monumento alla memoria. Il dott. Micheletti, nato a Trieste il 18 luglio 1905, si trasferisce a Pola nel 1930 con la famiglia dopo aver ottenuto la laurea in medicina a Perugia. Nel frattempo si specializza in chirurgia a Padova e diviene primario dell’ospedale Santorio Santorio del capoluogo istriano. Per tutti gli italiani di Pola l’eroica figura di Geppino Micheletti è legata all’episodio delittuoso dello scoppio di alcune cariche esplosive marine recuperate e disinnescate dagli artificieri ed accatastate sotto una pineta della spiaggia di Vergarolla, affollatissima di bagnanti la domenica del 18 agosto 1946. Improvvisamente, intorno le ore 14, le cariche esplodono provocando una ottantina di morti tra i polesani. Moltissimi i feriti che vengono portati a decine ed in gravi condizioni all’ospedale dove il Micheletti presta le sue cure. Ben presto gli giunge la notizia che tra i morti nell’esplosione ci sono anche i suoi due figli Carlo (9 anni) e Renzo (6 anni) ed altri due familiari che li accompagnavano. Affranto dal dolore e dalla disperazione, Micheletti continua la sua opera all’ospedale per oltre 24 ore consecutive, fino alla cessazione dell’emergenza. Soltanto dopo si recherà a casa a consolare l’affranta madre dei suoi bambini, Iolanda Nardini, deceduta a Trieste lo scorso anno all’età di 99 anni. Per questo suo encomiabile gesto di umana pietà ed elevata etica professionale il dott. Micheletti è assurto a simbolo degli alti valori morali e dell’altissimo senso civico della gente istriana ed il suo ricordo rimarrà indelebile nella memoria di tutti i cittadini di Pola. Per il suo gesto il 28 agosto 1946, dieci giorni dopo i fatti, il Consiglio Comunale di Pola gli ha conferito una Medaglia di Benemerenza mentre il 2 ottobre 1947 lo Stato italiano gli ha conferito la Medaglia d’Argento al Valor Civile. (Fonte: Aise) source

giovedì 7 agosto 2008

Trieste - tomba resti cimitero di San Giusto


Cimitero di Sant'Anna
Via dell'Istria, 206
I - 34145 Trieste
Telefono: +39 040 7793802 - 7793830
Fax: +39 040 7793840
E-mail: acegas@acegas.ts.com
infopoint obitorio
0407793814 -38
call center funerario
0407793821
(orario 8H00-13H00/14H00-16H30)
onoranze funebri
0407793812

Tomba resti cimitero di S. Giusto : campo 3. classe 3.
Sopra una base gradonata è un cippo, le cui facce teminano ciascuna con un fontone stilizzato; sul cippo si erge un obelisco.
Nel 1936, l'ossario esistente nel sotterraneo della chiesetta di San Michele del Carnale a San Giusto fu trasportato a Sant' Anna e raccolto in una grande fossa, scavata appositamente, sulla quale venne eretto il piccolo obelisco.
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lunedì 4 agosto 2008

arabica laurina

pianta caffè arabicaBEVERFOOD NEWS - In occasione dei festeggiamenti del 75.mo anniversario della fondazione della società a Trieste, illy caffè ha annunciato il prossimo lancio di “Idyllium”, un caffè in esclusiva mondiale ottenuto da una pianta della famiglia della Arabica Laurina, tipica del Salvador e rimasta finora poco conosciuta al mondo della torrefazione. Il risultato è un espresso che, rispetto alle tradizionali miscele di Arabica e Robusta, contiene alta acidità volatile, aroma cioccolatoso e persistente e, soprattutto, bassissima presenza naturale di caffeina. Tanto da fare concorrenza ai caffè decaffeinati. La notizia è stata fornita in un articolo da Dante Basile sul Il Sole 24 Ore del 29 luglio scorso, ma al momento non sono state forniti particolari precisazioni dalla società. Come noto le due specie più diffuse del caffè sono l’Arabica e la Robusta; quest’ultima ha un contenuto di caffeina all’incirca doppio rispetto a quello dell’Arabica. La Laurina è una mutazione della varietà Arabica Bourbon con un contenuto di caffeina ancor più basso della normale Arabia (0,6-07%), Finora non ha avuto una grande diffusione a causa dei bassi rendimenti della pianta e del fatto che questa tipologia vegetale è più suscettibile a malattie. In considerazione dell’aumentata richiesta di caffè a basso contenuto di caffeina, alcune aziende stanno ora promuovendo un allargamento delle coltivazioni della Laurina (fonte: US- Induction and selection of somaclonal variation in coffee pubblicato in http://www.patentstorm.us/patents/5436395/description.html ) INFOFLASH ILLYCAFFE Illycaffè, fondata a Trieste 75 anni fa da Francesco Illy, produce e commercializza un’unica miscela di caffè espresso ed è marca leader nel segmento del caffè di alta qualità. Ogni giorno vengono gustate oltre 6 milioni di tazzine di caffè illy, venduto in oltre 140 paesi in tutto il mondo e reso disponibile in oltre 50.000 fra i migliori ristoranti e bar. Illycaffè gestisce anche “espressamente illy ”, la catena di caffetterie all’italiana in franchising, che ad oggi tocca 32 Paesi con all’attivo oltre 200 locali. Con l’obiettivo di accrescere e diffondere la cultura del caffè l’azienda ha istituito l’Università del Caffè, il centro di eccellenza che offre una formazione completa teorica e pratica ai coltivatori, ai baristi e agli appassionati su tutte le tematiche attinenti al caffè. Illy caffè, inoltre, adotta una politica sviluppo ecosostenibile, nel senso che l'intero processo di crescita aziendale rispetta i criteri di sostenibilità economica, sociale e ambientale e coinvolge in egual misura tutti gli operatori che collaborano con l'azienda. A livello globale la società ha circa 700 dipendenti e ha realizzato nel 2007 un fatturato consolidato di 270 milioni di euro. +info: www.illy.com source