sabato 14 giugno 2008

Trieste -cimitero musulmano (2)- tombe recenti



Dopo quelle dei soldati caduti nel corso della prima guerra mondiale, non vi è traccia nel cimitero di via Costalunga di altre lapidi datate fino al 1935; a tale anno risale una tomba a doppio cippo in pietra rosata che riporta questo testo:
Qui giace Ihsan Kemal Bey da Cipro, andando in Svizzera per curarsi morì sul traghetto”[1]. Si tratta di un giovane cipriota che si trovava a passare da queste parti nel suo viaggio, purtroppo vano, verso la guarigione.

(1)Traduzione dal turco di Cevdet Anik.
Dietro un’altra lapide si cela la storia di Abdullah Mehmet, detto Meto; la famiglia era originaria della Turchia. Giunto a Trieste (1) a circa vent’anni di età nel 1910, dopo qualche anno aprì un bar in Piazza Cavana, nella città vecchia, che divenne luogo di riunione per i musulmani presenti in città, in maggioranza provenienti da Sarajevo, e per i turchi che vi arrivavano in nave: un locale che rappresentava, insomma, una sorta di erede del vecchio Caffè Orientale. Dopo la seconda guerra mondiale lavorò come impiegato al consolato turco e divenne, in seguito, custode del cimitero dove risiedeva, assieme alla compagna, non musulmana, in un’apposita stanzetta all’interno dell’edificio esistente. I due riposano assieme nello stesso sepolcro, grazie all’autorizzazione concessa dal console turco: vista la situazione giuridica e religiosa della signora, fu necessario richiedere un permesso. Questo episodio costituisce un’eccezione alle rigide norme sulla sepoltura esposte in precedenza e suggerisce l’immagine di una realtà locale abituata alle commistioni, qual è infatti, da secoli, quella triestina.

(1) Intervista alla sig.ra Claudia Cozzi, conoscente di alcuni defunti sepolti nel cimitero ottomano.
Tra le tombe più recenti, quella di Ahmed Mešinović spicca per bellezza: adornata da un cespuglio di rose, a due cippi, uno alto sormontato da un fez (1) in corrispondenza della testa e con un’iscrizione in arabo, uno basso in corrispondenza dei piedi con un’iscrizione in bosniaco. Su entrambi, l’epiteto di hadži accompagna il nome, a significare che Ahmed aveva compiuto il pellegrinaggio alla Mecca. Come per le lapidi ottomane dell’Ottocento, è stata mantenuta la tradizione di un’iscrizione che inizia con un’invocazione a Dio e una supplica per il defunto.


(1) Le tombe col fez sono di origine recente; in Bosnia cominciarono a diffondersi dopo il 1832 in seguito all’introduzione di riforme militari. I fez appaiono sulle tombe dei militari, spesso assieme ad ornamenti. Meho Čaušević, Umjetnost bašluka, “Most”, anno XXXI, n. 195, Mostar (Bosnia Erzegovina), febbraio 2006 (versione on-line) in www.most.ba.
Copyright Mauro Vivian
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