venerdì 6 febbraio 2009

trieste - horror

Le case dell’orrore: svuotate o affittate, ma nessuno le compra

L’unica speranza di piazzarle è che gli interessati non sappiano dei delitti compiuti tra quelle mura
di Laura Tonero
Le case dell'orrore di Trieste, quelle dove sono stati consumati atroci delitti, hanno vita difficile. Nessuno le vuole più abitare. Nessuno vuole dormire, mangiare, allevare i propri figli nelle stanze dove qualcuno ha perso la vita. Tolti i sigilli posti dagli inquirenti al termine delle indagini, restano sfitte, vuote, invendute. Fanno paura. L'unica speranza che i proprietari hanno di piazzarle nuovamente sul mercato immobiliare è che a prenderle in locazione o a comperarle arrivi qualcuno che non sa, che arriva da lontano. «Ora la casa è di proprietà di una famiglia dell'Aquila e viene affittata a rotazione a stranieri - racconta con la porta socchiusa la signora Dudine, una residente dello stabile di via Flavia 76 - adesso ci abita una famiglia di rumeni». Ma quei rumeni non sanno che nel tinello di quell’appartamento all'ultimo piano, nell'aprile del 1997, fu ammazzata con una forbice conficcata nella gola Marina Sever, in arte Maga Malika. Al numero 12 di viale XX Settembre sul campanello c'è ancora l'etichetta col nome di Bruno Cosolo. È scritto in grande, in stampatello. Appiccicato accanto su un foglietto provvisorio si legge a malapena un altro cognome: è quello degli studenti che ora abitano quel piccolo appartamento teatro di un delitto filmato dalle telecamere che la vittima aveva piazzato tentando di riprendere un fugace rapporto sessuale con tre marittimi egiziani. «Non sapevamo, è allucinante». Nelle stanze dove loro passano i pomeriggi sui libri, i tre cadetti hanno ucciso l'uomo con due lunghi coltelli da cucina. Non vogliono parlare i nuovi affittuari della soffitta in via del Bosco che ha fatto da sfondo all'omicidio di Susanna Chicco. Hanno tolto l'insegna di acciaio con il suo nome, si vedono i segni, e con dei chiodini hanno appeso il loro. Da poco, dopo essere stato scarcerato, Roberto Ruzzier ha deciso di mettere in vendita la sua casa di via dei Montecchi 9 dove squartò l'amico Fulvio Schiavon. «Qui quell’assassino non deve rimetterci più piede», grida una coinquilina al citofono: «Speriamo che al quinto piano arrivi a viverci una famiglia per bene. Sapete che i miei cani quando scendono le scale, sentono ancora l'odore del sangue?»
I residenti di San Dorligo raccolti in piazza fuori dal bar raccontano che sia in vendita anche la casa dove nel febbraio 2001 fu massacrato il sessantaduenne Giuseppe Canziani. La villetta dove l'uomo fu soffocato con un cuscino e colpito più volte con un coltello è al numero 225, in fondo a una stradina sterrata tra le vigne, l'erba alta, le foglie e i rami secchi. Un armadietto in legno è abbandonato nel cortile e qualche straccio è rimasto steso ai fili della biancheria. È stato divelto persino il campanello, gettato a terra quasi a voler cancellare qual nome. La famiglia dell'uomo vive nel centro del paesino del Carso e vuole dimenticare. È vuoto anche l'appartamento di via Pecenco 4 dove nel gennaio del 2006 è stata assassinata a colpi di coltello la non vedente Alma Prasel. «Ogni tanto arriva il marito dalla Grecia a vedere della casa - racconta un'anziana vicina - ma forse cercheranno di darlo in affitto. È chiuso da tanto tempo, da quel maledetto giorno». E sul portone della casa un'immobiliare propone in locazione un appartamento.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

"L’unica speranza di piazzarle è che gli interessati non sappiano dei delitti compiuti tra quelle mura"

ah bon, adeso che el piccolo ghe ne ga scrito cusì ben sarà de sicuro più facile che i le vendi :D :D :D :D

Anonimo ha detto...

Cinesi ad oggi gli affittuari