sabato 10 gennaio 2009

trieste - residenze per anziani: inchiesta shock

Inchiesta shock sulle residenze per anziani situate nel Friuli Venezia Giulia. agoramagazine.it Parte prima. Luoghi in cui le persone non più giovani e a volte non più autosufficienti, a pagamento e su richiesta (quasi sempre dei familiari) possono trascorrere gli ultimi anni della loro esistenza. In teoria dovrebbe trattarsi di anni sereni, nel rispetto delle esigenze di chi si avvia verso la fine della vita. In pratica, non sempre è così.

In Italia sono stimati in oltre 180.000 gli anziani ricoverati in questo tipo di istituti creati apposta per loro. Nella regione Friuli Venezia Giulia, i ricoveri (autorizzati) per la terza età ammontano a 190. La quasi metà di essi, è localizzata nella sola provincia di Trieste.

A parole, le residenze per i “nonni” offrono e promettono molto. A fatti, lasciano spesso a desiderare: non tutte, ma comunque troppe, si rivelano l’anticamera dell’inferno. Un inferno costoso, considerato che la retta giornaliera netta, sempre prendendo come esempio Trieste, va dai 34.00 ai 69,50 euro. Da cosa sono date le variazioni di prezzo?

Dal tipo di stanza che si sceglie e, in particolare, dalle condizioni fisiche e psichiche del degente. Per farla breve, più sei malato più paghi. Considerato che è difficile essere anziano e al contempo sano, quasi tutti, si vedono applicare le tariffe più elevate.

La Regione, che si sta adoperando affinché quest’ultime non vengano continuamente aumentate da titolari poco coscienziosi, investe in misura notevole nell’abbattimento delle rette: in termini di contributi pubblici, ai non autosufficienti spettano 15,60 euro giornalieri.

12,48 euro vanno, invece, a chi viene ospitato ad un prezzo ridotto perché ancora in grado di svolgere da solo funzioni quali lavarsi, vestirsi e mangiare (per poter usufruire delle agevolazioni, è necessario fornire i dati relativi al reddito dell’interessato).

Contributi a parte, la cifra da sborsare a fine mese risulta sempre elevata: per tutti. E a questa, si aggiungono gli extra. Delucidazioni a riguardo arrivano direttamente da 59 degli 87 titolari di case di riposo interpellati (con la scusa di voler ricoverare una parente non più in grado di occuparsi di se stessa). Servizi quali shampoo e taglio di capelli, manicure e pedicure, hanno un costo a parte.

Giusto.

Si tratta di prestazioni che vanno remunerate a personale esterno alla struttura.

Sbagliato.

Sono soltanto 6 su 59, i responsabili degli istituti che si avvalgono di parrucchieri ed estetisti professionisti.

Gli altri 53 ritengono che sia compito dei dipendenti in loco occuparsi di capelli, mani e piedi degli ospiti.

Non essendo questo il loro mestiere, ci si aspetterebbe che, perlomeno, il prezzo attribuito a tali prestazioni sia nettamente inferiore, proprio come si presume sia la qualità finale dell’operato (non è semplice improvvisarsi barbieri o parrucchieri).

Di nuovo sbagliato.

Le cifre richieste sono, a prescindere da chi si prende cura degli anziani, pressoché identiche. L’unica differenza sta nel fatto che ogni mese i 53 titolari che sfruttano senza ritegno i propri dipendenti (per i quali “chissà perché” non sono previste somme extra di retribuzione) intascano, oltre alla quota fissa, una media netta di circa 72 euro a degente (le residenze private sul territorio possono accogliere un minimo di 9 persone, sino ad un massimo di 122).

Pazienza se le unghie vengono tagliate in maniera approssimativa, o se la tinta dei capelli non è proprio quelli desiderata … in fin dei conti, da chi mai dovranno farsi vedere questi “vecchi”?

Mai sentito parlare di dignità?

A quanto pare, si tratta di un concetto sconosciuto per chi è disposto a tutto pur di veder aumentare i propri introiti mensili. Ma non è certo la questione estetica a destare maggior preoccupazione: domani, su Agorà Magazine, tutto ciò che sarebbe stato meglio non scoprire.

seconda parte.

Sono 27 gli alloggi contattati che alla domanda: “Avete e, se li avete, quanti sono gli infermieri professionali?” hanno glissato sull’argomento adducendo scuse del tipo: “Al momento ne siamo sforniti perché stiamo provvedendo alla riorganizzazione del personale.” oppure “Si, abbiamo un’infermiera, ma è appena entrata in maternità e ne stiamo cercando un’altra… sono cose che succedono, immagino lei capisca: non è colpa nostra”.

A dire il vero, no, non capisco.

Ma a prescindere dal mio non capire, c’è da chiedersi: chi, e soprattutto con quali rischi provvede, per esempio, a somministrare le terapie farmacologiche?

Chi si occupa di controllare e medicare quotidianamente le non rare piaghe da decubito che affliggono numerosissimi invalidi?

Probabilmente le stesse persone che sono tenute a cucinare, fare le pulizie e occuparsi dell’igiene degli ospiti.

Delle specie di factotum, che per quanto volonterosi, non possono essere all’altezza di sopperire a qualsiasi genere di compito venga loro assegnato. Ma d’altra parte un infermiere professionale pretende, giustamente, uno stipendio di gran lunga più elevato rispetto ad una qualsiasi signora senza titolo disposta, per necessità, anche a lavorare in nero.

17 case di riposo erano pronte ad assumermi part-time e ad offrirmi l’entusiasmante cifra di 10 euro all’ora nei giorni festivi e, udite udite, addirittura 12 euro per quelli feriali, in cambio di una mia rapida trasformazione in Cenerentola. Contributi?

Non scherziamo. Requisiti richiesti? Buone capacità di adattamento.

Ma tornando ai vecchietti, almeno dei buoni (ottimi sarebbe meglio) pasti sono assicurati?

Qui la cosa si complica perché è complesso discernere ciò che è buono da ciò che non lo è.

In effetti, qualcosa di squisito per uno, può risultare non gradito per un altro. Soffermiamoci, dunque, più che sulla bontà, sulla qualità del cibo.

In teoria, se tutto è a norma, se quanto somministrato viene servito nella giusta quantità e non ha un odore o un colore stomachevole, non dovrebbe esserci nessun problema ad assistere a pranzi e cene.

In teoria. In pratica, alla domanda: “Se porto mia nonna da voi, è possibile venire a trovarla ad ora di cena?” sono stati 41 i titolari che hanno posto il veto a quella che è stata definita una richiesta impossibile da esaudire. Le motivazioni?

“Gli orari di visita escludono il momento dei pasti. Pranzo e cena sono utili agli ospiti per socializzare tra loro ed è, pertanto, preferibile che i parenti non siano presenti” – hanno risposto alcuni responsabili delle residenze – “Non si può, perché lei intralcerebbe il nostro lavoro. Dobbiamo avere libertà di movimento” – hanno affermato altri –.

Sarà davvero così?

No, almeno stando alle parole di una lavorante che ha risposto al telefono in assenza del suo titolare.

Lei, dopo numerose insistenze, è stata decisamente più chiara ed esaustiva. Si tratta di una giovane albanese, che nel timore di perdere il lavoro, ha chiesto espressamente che non venisse resa nota la sua identità.

È chiaro che le testimonianze anonime di per sé non hanno un gran valore, ma in questo caso, forse, vale la pena di riportare le sue parole. Il dubbio che corrispondano ad un’amara verità, purtroppo esiste. “Gli avanzi non vengono buttati.

Qualunque cosa resti nei piatti, viene frullata e data il giorno dopo a chi mangia in camera da letto perché infermo.

I malati di Alzheimer, invece, spesso saltano i pasti perché tanto non sono in grado di ricordare e di andare a lamentarsi con i parenti.

Nessuno sospetta di nulla: a causa della malattia, queste persone sono quasi sempre molto magre.” Non è tutto. La ragazza si lascia andare ad uno sfogo: “Vivo a Trieste da 3 anni. Ho un permesso di soggiorno regolare. Ho cambiato 5 case di riposo nella speranza di avere i contributi pagati.

Ancora nulla.

Ovunque sia stata, ho visto gli anziani trattati peggio delle bestie.

Dappertutto c’è l’abitudine di somministrare sonniferi affinché i poveretti non disturbino durante la notte. Quelli che stanno a letto e sono più difficili da gestire, vengono lavati a giorni alterni: molti di loro hanno le piaghe. Si da la colpa al fatto che rimangono costantemente distesi, ma in realtà, a contribuire è la mancanza di cure igieniche". Se non è l’inferno questo. Forse l’intervistata potrebbe aver esagerato. Ma ad avvalorare le sue parole (almeno per quel che riguarda il cibo) c’è, purtroppo, un’amara certezza. Il 12 aprile 2008, un anziano, ospite della casa di riposo Bartoli è morto a causa di un’intossicazione alimentare. A stare male, dopo una cena dubbia a base di baccalà mantecato, sono stati anche altri 50 degenti. Realtà, non illazioni o sfoghi di lavoranti insoddisfatti. Veniamo ora alle attività svolte all’interno delle strutture. Le ore passano lente se non si ha nulla con cui svagarsi. Molti ospiti tendono all’introversione. Tanti vivono con rassegnazione e passività quella che spesso viene percepita come una sorta di reclusione forzata, di preambolo alla morte. Per fortuna, 86 residenze su 91 sono fornite, perlomeno, di televisione e radio. Il tutto però, si ferma praticamente qui. Solo 8 strutture dispongono, infatti, di una piccola sala interna adibita a biblioteca; 7 coinvolgono settimanalmente gli anziani in attività di gruppo quali giochi da tavolo e bingo. Mentre 4, sempre settimanalmente, convocano personale esterno per intrattenere gli ospiti con rappresentazioni teatrali e musicali (iniziativa lodevole). Inoltre, una tra queste 4, allestisce e gestisce persino dei laboratori creativi, grazie ai quali i degenti possono produrre dei semplici, ma tanto utili al benessere psichico, lavori artigianali. Si tratta della stessa struttura che organizza anche uscite di gruppo atte a risollevare gli animi degli ospiti. In sintesi, dall’indagine svolta, risulta che sarebbe più che mai opportuno effettuare dei rigidi controlli sia per quanto riguarda la posizione contrattuale del personale, che quella degli ospiti paganti, che purtroppo (a parte in casi eccezionali) troppo spesso vengono abbandonati a sé stessi. Anziani soli. Anziani in cerca di un gesto d’affetto che non arriva mai. Vecchi uomini e vecchie donne che sperano in un abbraccio, che alla fine, viene concesso solo dalla Nera Signora. Squallido.

source http://www.informatrieste.eu/blog/blog.php?id=1459 http://mytrieste.blogspot.com/2008/12/trieste-nouvelle-cuisine.html

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ciao , volevo segnalarti un articolo del Piccolo di ieri

http://www.informatrieste.eu/blog/blog.php?id=1459

ciao Dario