sabato 31 gennaio 2009
venerdì 30 gennaio 2009
trieste - topi tra gli alimenti
Topi tra alimenti: blitz dei Nas
Sequestrate 45 tonnellate a Trieste
I carabinieri del Nas di Udine hanno sequestrato 45 tonnellate di alimenti stoccati a Trieste in locali senza autorizzazioni sanitarie. Prodotti lattiero caseari, salumi, pasta, conserve, olii, confetture e dolciumi erano lavorati e conservati in laboratori dove, oltre al diretto contatto degli alimenti con sostanze detergenti, è stata riscontrata la presenza di insetti e roditori. Il valore del sequestro è di circa un milione e mezzo di euro.
I depositi e i lavoratori sequestrati erano utilizzati da due ditte triestine che confezionano in proprio formaggi, salumi, olive e altre materie prime alimentari che successivamente vendono ad alcune catene di supermercati e a piccoli commercianti della provincia di Trieste. I militari, oltre al sequestro, hanno avviato la procedura di chiusura delle attività.
giovedì 29 gennaio 2009
trieste - care federe
Deve pagare le federe con cui voleva suicidarsi
mercoledì 28 gennaio 2009
trieste - 1952
domenica 25 gennaio 2009
mercoledì 21 gennaio 2009
martedì 13 gennaio 2009
nave raffaello in vendita
lunedì 12 gennaio 2009
sabato 10 gennaio 2009
trieste - residenze per anziani: inchiesta shock
In Italia sono stimati in oltre 180.000 gli anziani ricoverati in questo tipo di istituti creati apposta per loro. Nella regione Friuli Venezia Giulia, i ricoveri (autorizzati) per la terza età ammontano a 190. La quasi metà di essi, è localizzata nella sola provincia di Trieste.
A parole, le residenze per i “nonni” offrono e promettono molto. A fatti, lasciano spesso a desiderare: non tutte, ma comunque troppe, si rivelano l’anticamera dell’inferno. Un inferno costoso, considerato che la retta giornaliera netta, sempre prendendo come esempio Trieste, va dai 34.00 ai 69,50 euro. Da cosa sono date le variazioni di prezzo?
Dal tipo di stanza che si sceglie e, in particolare, dalle condizioni fisiche e psichiche del degente. Per farla breve, più sei malato più paghi. Considerato che è difficile essere anziano e al contempo sano, quasi tutti, si vedono applicare le tariffe più elevate.
La Regione, che si sta adoperando affinché quest’ultime non vengano continuamente aumentate da titolari poco coscienziosi, investe in misura notevole nell’abbattimento delle rette: in termini di contributi pubblici, ai non autosufficienti spettano 15,60 euro giornalieri.
12,48 euro vanno, invece, a chi viene ospitato ad un prezzo ridotto perché ancora in grado di svolgere da solo funzioni quali lavarsi, vestirsi e mangiare (per poter usufruire delle agevolazioni, è necessario fornire i dati relativi al reddito dell’interessato).
Contributi a parte, la cifra da sborsare a fine mese risulta sempre elevata: per tutti. E a questa, si aggiungono gli extra. Delucidazioni a riguardo arrivano direttamente da 59 degli 87 titolari di case di riposo interpellati (con la scusa di voler ricoverare una parente non più in grado di occuparsi di se stessa). Servizi quali shampoo e taglio di capelli, manicure e pedicure, hanno un costo a parte.
Giusto.
Si tratta di prestazioni che vanno remunerate a personale esterno alla struttura.
Sbagliato.
Sono soltanto 6 su 59, i responsabili degli istituti che si avvalgono di parrucchieri ed estetisti professionisti.
Gli altri 53 ritengono che sia compito dei dipendenti in loco occuparsi di capelli, mani e piedi degli ospiti.
Non essendo questo il loro mestiere, ci si aspetterebbe che, perlomeno, il prezzo attribuito a tali prestazioni sia nettamente inferiore, proprio come si presume sia la qualità finale dell’operato (non è semplice improvvisarsi barbieri o parrucchieri).
Di nuovo sbagliato.
Le cifre richieste sono, a prescindere da chi si prende cura degli anziani, pressoché identiche. L’unica differenza sta nel fatto che ogni mese i 53 titolari che sfruttano senza ritegno i propri dipendenti (per i quali “chissà perché” non sono previste somme extra di retribuzione) intascano, oltre alla quota fissa, una media netta di circa 72 euro a degente (le residenze private sul territorio possono accogliere un minimo di 9 persone, sino ad un massimo di 122).
Pazienza se le unghie vengono tagliate in maniera approssimativa, o se la tinta dei capelli non è proprio quelli desiderata … in fin dei conti, da chi mai dovranno farsi vedere questi “vecchi”?
Mai sentito parlare di dignità?
A quanto pare, si tratta di un concetto sconosciuto per chi è disposto a tutto pur di veder aumentare i propri introiti mensili. Ma non è certo la questione estetica a destare maggior preoccupazione: domani, su Agorà Magazine, tutto ciò che sarebbe stato meglio non scoprire.
seconda parte.
Sono 27 gli alloggi contattati che alla domanda: “Avete e, se li avete, quanti sono gli infermieri professionali?” hanno glissato sull’argomento adducendo scuse del tipo: “Al momento ne siamo sforniti perché stiamo provvedendo alla riorganizzazione del personale.” oppure “Si, abbiamo un’infermiera, ma è appena entrata in maternità e ne stiamo cercando un’altra… sono cose che succedono, immagino lei capisca: non è colpa nostra”.A dire il vero, no, non capisco.
Ma a prescindere dal mio non capire, c’è da chiedersi: chi, e soprattutto con quali rischi provvede, per esempio, a somministrare le terapie farmacologiche?
Chi si occupa di controllare e medicare quotidianamente le non rare piaghe da decubito che affliggono numerosissimi invalidi?
Probabilmente le stesse persone che sono tenute a cucinare, fare le pulizie e occuparsi dell’igiene degli ospiti.
Delle specie di factotum, che per quanto volonterosi, non possono essere all’altezza di sopperire a qualsiasi genere di compito venga loro assegnato. Ma d’altra parte un infermiere professionale pretende, giustamente, uno stipendio di gran lunga più elevato rispetto ad una qualsiasi signora senza titolo disposta, per necessità, anche a lavorare in nero.
17 case di riposo erano pronte ad assumermi part-time e ad offrirmi l’entusiasmante cifra di 10 euro all’ora nei giorni festivi e, udite udite, addirittura 12 euro per quelli feriali, in cambio di una mia rapida trasformazione in Cenerentola. Contributi?
Non scherziamo. Requisiti richiesti? Buone capacità di adattamento.
Ma tornando ai vecchietti, almeno dei buoni (ottimi sarebbe meglio) pasti sono assicurati?
Qui la cosa si complica perché è complesso discernere ciò che è buono da ciò che non lo è.
In effetti, qualcosa di squisito per uno, può risultare non gradito per un altro. Soffermiamoci, dunque, più che sulla bontà, sulla qualità del cibo.
In teoria, se tutto è a norma, se quanto somministrato viene servito nella giusta quantità e non ha un odore o un colore stomachevole, non dovrebbe esserci nessun problema ad assistere a pranzi e cene.
In teoria. In pratica, alla domanda: “Se porto mia nonna da voi, è possibile venire a trovarla ad ora di cena?” sono stati 41 i titolari che hanno posto il veto a quella che è stata definita una richiesta impossibile da esaudire. Le motivazioni?
“Gli orari di visita escludono il momento dei pasti. Pranzo e cena sono utili agli ospiti per socializzare tra loro ed è, pertanto, preferibile che i parenti non siano presenti” – hanno risposto alcuni responsabili delle residenze – “Non si può, perché lei intralcerebbe il nostro lavoro. Dobbiamo avere libertà di movimento” – hanno affermato altri –.
Sarà davvero così?
No, almeno stando alle parole di una lavorante che ha risposto al telefono in assenza del suo titolare.
Lei, dopo numerose insistenze, è stata decisamente più chiara ed esaustiva. Si tratta di una giovane albanese, che nel timore di perdere il lavoro, ha chiesto espressamente che non venisse resa nota la sua identità.
È chiaro che le testimonianze anonime di per sé non hanno un gran valore, ma in questo caso, forse, vale la pena di riportare le sue parole. Il dubbio che corrispondano ad un’amara verità, purtroppo esiste. “Gli avanzi non vengono buttati.
Qualunque cosa resti nei piatti, viene frullata e data il giorno dopo a chi mangia in camera da letto perché infermo.
I malati di Alzheimer, invece, spesso saltano i pasti perché tanto non sono in grado di ricordare e di andare a lamentarsi con i parenti.
Nessuno sospetta di nulla: a causa della malattia, queste persone sono quasi sempre molto magre.” Non è tutto. La ragazza si lascia andare ad uno sfogo: “Vivo a Trieste da 3 anni. Ho un permesso di soggiorno regolare. Ho cambiato 5 case di riposo nella speranza di avere i contributi pagati.
Ancora nulla.
Ovunque sia stata, ho visto gli anziani trattati peggio delle bestie.
Dappertutto c’è l’abitudine di somministrare sonniferi affinché i poveretti non disturbino durante la notte. Quelli che stanno a letto e sono più difficili da gestire, vengono lavati a giorni alterni: molti di loro hanno le piaghe. Si da la colpa al fatto che rimangono costantemente distesi, ma in realtà, a contribuire è la mancanza di cure igieniche". Se non è l’inferno questo. Forse l’intervistata potrebbe aver esagerato. Ma ad avvalorare le sue parole (almeno per quel che riguarda il cibo) c’è, purtroppo, un’amara certezza. Il 12 aprile 2008, un anziano, ospite della casa di riposo Bartoli è morto a causa di un’intossicazione alimentare. A stare male, dopo una cena dubbia a base di baccalà mantecato, sono stati anche altri 50 degenti. Realtà, non illazioni o sfoghi di lavoranti insoddisfatti. Veniamo ora alle attività svolte all’interno delle strutture. Le ore passano lente se non si ha nulla con cui svagarsi. Molti ospiti tendono all’introversione. Tanti vivono con rassegnazione e passività quella che spesso viene percepita come una sorta di reclusione forzata, di preambolo alla morte. Per fortuna, 86 residenze su 91 sono fornite, perlomeno, di televisione e radio. Il tutto però, si ferma praticamente qui. Solo 8 strutture dispongono, infatti, di una piccola sala interna adibita a biblioteca; 7 coinvolgono settimanalmente gli anziani in attività di gruppo quali giochi da tavolo e bingo. Mentre 4, sempre settimanalmente, convocano personale esterno per intrattenere gli ospiti con rappresentazioni teatrali e musicali (iniziativa lodevole). Inoltre, una tra queste 4, allestisce e gestisce persino dei laboratori creativi, grazie ai quali i degenti possono produrre dei semplici, ma tanto utili al benessere psichico, lavori artigianali. Si tratta della stessa struttura che organizza anche uscite di gruppo atte a risollevare gli animi degli ospiti. In sintesi, dall’indagine svolta, risulta che sarebbe più che mai opportuno effettuare dei rigidi controlli sia per quanto riguarda la posizione contrattuale del personale, che quella degli ospiti paganti, che purtroppo (a parte in casi eccezionali) troppo spesso vengono abbandonati a sé stessi. Anziani soli. Anziani in cerca di un gesto d’affetto che non arriva mai. Vecchi uomini e vecchie donne che sperano in un abbraccio, che alla fine, viene concesso solo dalla Nera Signora. Squallido.
source http://www.informatrieste.eu/blog/blog.php?id=1459 http://mytrieste.blogspot.com/2008/12/trieste-nouvelle-cuisine.htmlvenerdì 2 gennaio 2009
trieste - lola salvi
Piccola star del cinema muto Trieste al sogno di Hollywood ritorna la favola dell’attrice Lola Salvi
Protagonista suo malgrado di una storia di malasanita' l' anziano autore di riviste
Operato per un calcolo che non c' era
La disavventura di Alfredo Polacci finito sotto i ferri senza anestesia
----------------------------------------------------------------- Protagonista suo malgrado di una storia di malasanita' l'anziano autore di riviste Operato per un calcolo che non c'era La disavventura di Alfredo Polacci finito sotto i ferri senza anestesia Un ferro che fruga nella vescica alla ricerca di un calcolo che si rivelera' inesistente, il "paziente" che soffre piu' del consentito perche' "l'anestesista ha sbagliato il dosaggio, scusi tanto", il rischio di una broncopolmonite per trasferimento in sala operatoria, attraverso cunicoli e corridoi gelidi, dell'ammalato gia' svestito (e rasato, con acqua fredda, nelle parti basse). E un infermiere capo - sala che intima: "Chirurgia, scenda dal letto e non mi faccia perdere tempo!". Storia d'ordinaria malasanita', vissuta da un uomo indifeso, in un periodo poi, l'antivigilia di Natale, che sbandiera il vessillo della bonta'. Protagonista, suo malgrado, Alfredo Polacci, autore di riviste di successo negli anni '40 / 70. Copioni per Rascel (suo, nel '49, il personaggio del "Corazziere": Mamma ti ricordi di quand'ero piccoletto / che me ce voleva la scaletta pe' anna' a letto...), caroselli Durbans per Carlo Dapporto ("Diario di un viveur"), scenette per i fratelli De Rege ("Vieni avanti, cretino!"). Mise insieme due comici complementari, e ne fece una coppia vincente: Billi e Riva. Ha firmato quaranta spettacoli, ha scritto musiche per canzoni ancora orecchiate ("Veleno, se mi baci ti do' il mio veleno"; "Je t'aime" per Maurice Chevalier), ha fatto il pianista jazz su navi da crociera (e ancora arpeggia melodie al pianoforte), ha recitato accanto a Petrolini. Spesso ospite d'arguzia e vivacita' irrefrenabili nel telesalotto di Maurizio Costanzo. Ora risiede nella casa di riposo per musicisti Giuseppe Verdi di piazza Buonarroti, vive di cospicui diritti d'autore, ma, dice, la salute non e' piu' quella d'una volta. Ecco il racconto della sua disavventura: "In settembre notai un'allarmante ematuria (perdita di sangue, ndr), feci subito un esame di ecografia - a pagamento, onde evitare mesi di attesa, durante i quali sarei potuto morire dissanguato - e l'esame rivelo' un calcolo alla prostata. Richiesta per ricovero urgente all'ospedale San Giuseppe: ricovero concesso dopo tre mesi, il 14 dicembre scorso. Ospedale dalle strutture assai funzionanti, camere spaziose a tre letti, assistenza medica sollecita. Invece, gli infermieri... Sgarbati, irrispettosi, avidi ("Per niente nemmeno il cane scrolla la coda"). Finalmente, si fa per dire, viene il giorno dell'operazione. E qui, nudo come un verme, vengo sballottato da una parte all'altra dell'ospedale. Atroce dolore per l'iniezione lombospinale di anestetico, poi legato a gambe divaricate in attesa che il medico intervenga. E quando interviene, sento tutto, e urlo come un maiale scannato. Mi diranno alla fine che l'anestesista ha sbagliato il dosaggio. E scopriro' che il giovane chirurgo, frugandomi con i ferri, non ha trovato il calcolo, in compenso ha leso un vaso sanguigno, che ancora mi provoca perdite. Odissea nell'ospizio, dunque". Alfredo Polacci ha compiuto 90 anni il 4 agosto, e gli resta ancora, per sua e nostra fortuna, voglia di inventar battute. Auguri di cuore.
Tedesco Dino
Pagina 40 (28 dicembre 1997) - Corriere della Sera
trieste - regione autonoma
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